Ex-doppia

Improvvisamente, così, senza che una riunione d’equipe decretasse un qualsiasi tipo di evoluzione rispetto ad un piano d’intervento mai discusso, senza che gli attori principali, cioè quelli che se ne erano fatti carico quotidianamente si fossero confrontati, quel caso era tornato ad essere responsabilità di un operatore solo, un’utenza singola. Che cosa era successo? Cosa aveva portato la responsabile del servizio domiciliare a prendere quella decisione? Era forse migliorata la condizione dell’utente? Era migliorata la condizione familiare? Si era arrivati a conclusione di un qualche percorso pianificato?…Macché!

Il primo fulcro dei servizi sociali: la famiglia
Alessio, affetto da “sindrome dello spettro autistico” a basso funzionamento, è un ragazzo di 18 anni che vive all’interno di una famiglia incapace, fin dalla nascita, di seguire un qualsiasi percorso educativo strutturato o una terapia che non fosse quella farmacologica antiepilettica. I genitori, relativamente giovani ma due poveri inetti, con grandi difficoltà anche solo nel mettere insieme una frase compiuta e senza strafalcioni, preoccupati solo dal consumo di marche di abbigliamento, elettronica, e merce varia, lo avevano cresciuto come si fa con un cane, creando un habitat protetto ma al limite del selvaggio dove l’unico obiettivo è la soddisfazione dei bisogni primari. La sua alimentazione è costituita da prosciutto crudo, crackers, yogurt e acqua, non accetta altro.
Per via di tale alimentazione, per la stitichezza connaturata alla sindrome di cui è affetto e per un episodio particolare accaduto durante l’infanzia, tende a trattenere in modo estremo la defecazione, quindi fa un uso di fermenti, erbe e fibre in grandi quantità. Tenete a mente questi particolari sull’alimentazione e le sue capacità di evacuazione, saranno importanti per la storia che segue.
Quando sul programma compare il cognome di Alessio, mi sento come Teseo che va incontro al Minotauro ma senza il filo d’Arianna. Usare la mitologia greca mi aiuta a sublimare la tensione che suscita un’utenza così grave, anche perché tra i colleghi sono diverse le storie che a vario titolo fanno entrare Alessio nel mito.
Per esempio Il conteggio delle quattro crisi importanti e i quattro colleghi in ospedale a farsi refertare.
– il primo soggiorno estivo al quale Alessio prese parte quando, su brillante indicazione della responsabile che ci aveva invitato a usare le stesse modalità di trattamento per tutti quindi anche per un autistico come Alessio, avevamo provato a fargli mangiare qualcosa di diverso dal suo solito. E per placare la crisi che abbiamo scatenato è stato necessario l’intervento di 9 operatori. E già! Alessio è 1 metro e 80 cm di muscoli e ossa nel pieno del vigore giovanile, le braccia che arrivano quasi alle ginocchia e che si muovono come se fossero delle pale eoliche fino a scapolare e a permettergli dei movimenti quasi innaturali. Le spalle di un nuotatore e le gambe di un calciatore in piena attività, fanno di Alessio una forza della natura che non andrebbe scatenata per il bene comune.
Per comunicare con il contesto in cui vive, Alessio usa un linguaggio primitivo fatto di grugniti, versi animaleschi di vario genere in gran parte mutuati dai cartoons di Walt Disney nei quali si immerge H24. La sua stanza è un tappeto di video-cassette e DVD che spulcia in modo compulsivo alla ricerca di scene da rivedere. Una piccola scena o una battuta potrebbero diventare facilmente un loop che crea lui stesso con una maestria da grande montatore: spingendo il tasto “rewind” del videoregistratore, è in grado di dosare la pressione del dito a tal punto da tornare esattamente al frame di partenza voluto…un loop che potrebbe diventare infinito, una tortura cinese sonora per chi è presente.
Proprio la sua ossessione per i fumetti era stata la principale causa della necessità di un doppio operatore. Infatti la prima storia che aveva fatto entrare Alessio nel mito, ha avuto luogo in strada, protagonisti lui, l’operatore, un giornalaio rivenditore di fumetti e i carabinieri. Alla vista di tutti quei fumetti Alessio si tuffa a braccia aperte sull’esposizione come per poterli prendere tutti e portarli nella sua tana, a casa. Il povero collega prova a fermarlo e l’inconsapevole rivenditore, alla vista di tanta cruenza, chiama il 113. I carabinieri arrivano sul posto e, difronte al parapiglia invitano l’operatore a farsi da parte. Il collega prova a spiegare la particolarità della situazione, ma i carabinieri non vogliono sentire consigli, anzi, infastiditi dall’insistenza dell’operatore lo invitano a non insegnare il mestiere a chi lo fa per mandato di stato. L’operatore alza le mani e lascia il campo libero. Gli schiaffoni che i due carabinieri prendono non si contano e li costringono a più miti consigli.

Ma torniamo alla storia di quell’ultima volta che ho visto Alessio.
Quella mattina, scaldata da un sole ormai estivo, nella testa mi girava come un criceto sulla sua ruota, la stessa domanda: perché improvvisamente si torna all’utenza singola? Tra i colleghi dell’equipe ci siamo fatti questa domanda e, messi da parte gli operatori zelanti pronti a giustificare la scelta, arriviamo alla conclusione che, le crisi di Alessio non si presentano da diverso tempo e questo porta i responsabili a pensare che un operatore oramai sia sufficiente e che si può risparmiare sulla forza lavoro. Sono dei pazzi! Quando poi succederà qualcosa saremo noi a pagarne le conseguenze!
Io non ho nessuna divinità da pregare per sentirmi protetto di fronte ad un pericolo imminente, forse da imprecare si, ma come tutte le mattine, come per esorcizzare la catastrofe, Kasssandra di me stesso, semplicemente mi preparo al peggio.
Alessio ha iniziato a frequentare un centro diurno, quindi i nostri compiti sono: sveglia, colazione, igiene, vestiti e giù ad aspettare il pulmino.
Quando entro in casa i prodromi delle giornate più funeste si presentano immediati. La signora che fa le pulizie, ma che fa anche da baby sitter, si spertica difronte alla mia incredulità. Alessio non produce nessun verso, non si muove – hai visto com’è buono e tranquillo stamattina?! –. Alessio è in camera seduto sulla sedia a guardare i suoi cartoons e al mio arrivo si gira fissandomi con uno sguardo triste, vuoto, con un non so che di inquietante. Un brivido mi corre lungo la schiena. – Guardi signora che Alessio non promette nulla di buono! – le dico.
I miei sospetti si rafforzano durante la doccia. Quando lo spoglio e scopro che indossa il pannolone. Chiedo – Perchè il pannolone? – Beh sai! Sono giorni che Alessio non va al bagno e per stimolarlo gli abbiamo dato le 10 erbe (una purga naturale). – Quando glie l’avete data? – Ieri sera…ma anche l’altro ieri, e l’altro ieri ancora… – Ma che state dicendo?! – per tre giorni?! – gli chiedo sempre più allarmato – Le 10 erbe bastano solo una volta!
Alessio, già di suo riluttante all’igiene e ad essere toccato, non ha alcuna intenzione di lavarsi e lo comunica vivacemente devastandomi le braccia, il collo e la faccia con pizzichi-morsa e pressioni con il mento. La tortura fisica prosegue anche durante il rituale della vestizione, anzi ‘intensifica accompagnata da urla animalesche. Usciamo di casa! penso tra me. La mia speranza è che uscendo, l’aria fresca, il sole, non lo so! In realtà volevo sentirmi meno in trappola. I miei inviti ad uscire si susseguono come i rifiuti di Alessio che non ha alcuna intenzione di farlo. Voi vorreste uscire di casa con la consapevolezza che ve la sareste fatta addosso da un momento all’altro? Provate solo immaginare il disagio anche doloroso che sente e che non può raccontare con il linguaggio che ha a disposizione.
A fatica, riesco a trascinarlo fino alla porta di casa e proprio li si scatena l’inferno!
Alessio mi comunica con estrema veemenza la sua contrarietà ad uscire assaltandomi come si farebbe in una rissa qualsiasi ma su un pianerottolo delle dimensioni di 2metri x 2.
Lo scontro è cruento, le urla mie e sue si levano in tutto il palazzo e nella via. Mentre cerco di contenerlo, in più di un’occasione rischio di fargli male. Se ci riuscite, provate ad immaginare il mio stato d’animo. Se io mi faccio male sono nel pieno delle mie funzioni e ho gli strumenti per affrontare le conseguenze (forse!). Se lui si fa male vedo una sola conseguenza, immediata: denunce, avvocati, ripercussioni gravi.
Avvinghiato ad Alessio, mentre si dimena come un gorilla impazzito, urlo alla signora di chiamare il padre per farlo tornare a casa. Il tempo passa inesorabile e il padre non risponde – Chiama la cooperativa! – urlo. E il tempo passa. E la crisi non si placa. Anzi. In alcuni frangenti sembra sgonfiarsi, ma appena mollo la presa Alessio riparte come sospinto da una forza inesauribile. Mentre la mia di forza, man mano che passa il tempo sembra volgere all’esaurimento e con lei, proporzionalmente, le mie tecniche di bloccaggio perdono di efficacia. Urlo sempre più forte per avere notizie dalla signora e sempre più spesso mi rendo conto che Alessio rischia di farsi male, sbattuto più volte sulle scale e contro il muro mentre tento di allontanare i suoi colpi e di sedare la sua ira.
La salvezza arriva dalla dirimpettaia e zia di Alessio. Da dietro la porta di casa urla di fare come fa il padre – …e come fa il padre? – gli urlo. Fa con il gesto delle mani di scappare – e lo lascio solo? –. Mi risponde di si e che funziona sempre. – Quindi chissà quante volte succede anche con il padre! – Penso tra me. Conto allora fino a tre, lo lancio l’ultima volta a terra e comincio a correre giù per le scale. Riesco ad uscire dal portone che chiudo alle mie spalle. Una volta fuori mi piego sulle ginocchia e guardo la maglia completamente sformata e sporca di sangue. Allora mi guardo le braccia tumefatte, mi tocco il viso che brucia forte in più punti, sono completamente ricoperto di escoriazioni e di sangue. Il barbiere tunisino, che ormai è diventato anche il mio coiffeur di fiducia, esce dal negozio e mi viene incontro con l’espressione allarmata – Ma cosa è successo? Il ragazzo? – Mi chiede rivolgendo lo sguardo verso le finestre. – Vado a prenderti qualcosa per asciugarti…-.
Prendo il cellulare, chiamo la coop. Alterato e perentorio chiedo della responsabile – immediatamente! -. Le racconto dell’accaduto, lei mi dice di attendere, che sarebbe arrivata il prima possibile e che avrebbe chiamato lei il 118.
Il primo a comparire sulla scena è un collega. Al suo arrivo mi dice di aver ricevuto la chiamata della responsabile che le ha imposto di raggiungermi in supporto. Ci guardiamo stupefatti facendoci la stessa domanda – in supporto di che? Ormai è finita!
Mentre attendiamo, la rabbia mi fa ribollire il sangue specialmente con le urla di Alessio che ancora arrivano dal pianerottolo dove l’ho lasciato.
Arriva la responsabile e poco dopo l’ambulanza. L’infermiere mi guarda e mi ricorda che la loro presenza è per Alessio e che io devo andare a farmi refertare in ospedale.
Mentre stiamo andando verso la macchina arriva il padre che prima si avvicina per guardarmi, poi, come se avesse finalmente realizzato della gravità dei fatti, volge il viso verso il portone e se ne va in silenzio senza dire nulla.
6 giorni di INAIL. L’utenza è rimasta singola.